4.2. Interviste¶
Questa tecnica consente di raccogliere informazioni attraverso conversazioni più o meno strutturate con gli attori e con gli utenti di un determinato ecosistema di servizio basandosi sulla capacità dell’individuo di riportare resoconti della sua esperienza personale e di raccontare, tramite resoconti verbali, le sue necessità e difficoltà rispetto a un tema specifico. Consiste nel porre agli attori una serie di domande, in modo da toccare i diversi aspetti relativi all’ambito di investigazione. È importante perciò definire un protocollo da seguire durante le sessioni e stilare la guida all’intervista, anche per definire chiaramente gli obiettivi e il focus dell’attività.
Il ricercatore incontra ciascun partecipante e raccoglie una serie di evidenze ponendo domande, dando spunti, facendo esempi, costruendo un dialogo e ascoltando con attenzione ciò che il partecipante racconta (questa tecnica viene applicata anche per svolgere i test di usabilità). Ciò consente da un lato di conoscere meglio l’ecosistema di servizio, gli attori e gli elementi coinvolti, e dall’altro di comprendere le abitudini e il punto di vista dell’utente. Lo scopo delle interviste è approfondire sia i temi relativi alla gestione delle procedure, dei processi e delle infrastrutture (back-office), sia quelli relativi ai comportamenti, alle necessità e alle difficoltà di utilizzo dei servizi pubblici digitali.
Al fine di massimizzare l’utilità delle interviste, è fondamentale che il ricercatore non influenzare il partecipante in nessun modo, facendo attenzione a porre le domande nel modo più neutrale possibile e che a prendere nota delle oggettive risposte del soggetto, lasciando spazio alle interpretazioni in un secondo momento. Prendere note è parte integrante dell’attività di intervista: è un compito impegnativo che richiede la massima attenzione ed è importante quanto il saper fare le domande. Proprio per questo è bene che l’intervista sia svolta da minimo due ricercatori, uno che guida la conversazione e l’altro che prende note.
In base a come viene gestita la conversazione e al tipo di protocollo usato, le interviste sono di tipo strutturato o semi-strutturato.
Le interviste strutturate seguono un protocollo molto dettagliato che comprende indicazioni sullo scopo di ciascuna domanda, e sullo script (copione) da seguire nel porla. Sono molto utili per toccare tutti i temi previsti senza andare fuori tema, e specificamente indicate per affrontare le sessioni di intervista con gli utenti.
Le interviste semi-strutturate trattano argomenti predefiniti senza la necessità di porre una scaletta di domande dirette, ma piuttosto introducendo le tematiche da affrontare in forma di considerazioni e dando spunti al partecipante per elaborare ed esporre il suo punto di vista a riguardo. Questa è la tipologia di intervista più appropriata per coinvolgere gli stakeholder.
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Pianificare le interviste
Il primo passo per impostare le interviste è pianificare l’attività nel dettaglio, riflettendo sull’obiettivo della ricerca e su chi ha senso coinvolgere per raggiungere quell’obiettivo.
È necessario perciò:
dichiarare quale è lo scopo principale della ricerca in base al brief di progetto, per allineare il gruppo di lavoro e facilitare le interlocuzioni verso l’esterno (es. “le informazioni raccolte saranno utili a definire la nuova architettura informativa del modello di sito web per i comuni”).
definire un ambito di investigazione chiaro ed esplorabile attraverso le interviste, utile a mantenere il focus nella stesura del protocollo da seguire (es. “l’obiettivo della ricerca è capire a quali servizi i cittadini vorrebbero poter accedere tramite il sito del proprio Comune”);
identificare i criteri più rilevanti per avere un campione di ricerca eterogeneo (es. uso del digitale, frequenza d’uso del servizio, situazione familiare, ruolo nell’erogazione del servizio, etc…), che tenga conto delle diverse tipologie di attori e utenti del servizio (quali variabili, e quali quantità). Un buon campione per una ricerca qualitativa prevede il coinvolgimento di circa 3-5 persone per ciascun gruppo identificato;
chiarire le aree geografiche in cui la ricerca avrà luogo, considerando le diversità tra Nord, Centro e Sud Italia, ma soprattutto tra centri urbani di grande, media e piccola dimensione. Talvolta è utile anche riflettere sulle differenze all’interno di una specifica area urbana, tra zone di periferia e centro città;
la definizione delle aree geografiche in cui la ricerca avrà luogo, considerando le diversità tra Nord, Centro e Sud Italia, ma anche tra centri urbani di grande, media e piccola dimensione. Talvolta è utile anche riflettere sulle differenze all’interno di una specifica area urbana, tra zone di periferia e centro città.
specificare i temi principali da investigare per farsi un’idea della durata che la sessione dovrà avere, così da iniziare a fissare gli appuntamenti con i partecipanti, considerando anche circa 15 minuti di debrief (resoconto) a valle di ciascuna intervista. La buona pratica è di svolgere 2, massimo 3 sessioni nell’arco di una giornata, per avere tempo di metabolizzare le informazioni raccolte di volta in volta, e mantenere il livello di energia necessario per condurre questo tipo di attività;
definire la strategia di documentazione dell’attività, riflettendo su come verranno raccolte e gestite le note e quali strumenti verranno utilizzati per la documentazione audio-video e fotografica della sessione. Solitamente, le note vengono raccolte in formato digitale e in modalità collaborativa, e a valle riorganizzate in spreadsheet (fogli di calcolo) che serviranno da base dati per la fase di analisi.
Preparare la guida alla conduzione
La guida alla conduzione è un documento che raccoglie una serie di spunti relativi alle domande da svolgere durante l’intervista. La guida viene costruita tenendo bene in considerazione lo scopo e il focus della ricerca, schematizzando in primo luogo i temi chiave da affrontare durante l’intervista, che fungeranno da capitoli principali della conversazione. Ciascun capitolo viene poi approfondito con una serie di domande, che il ricercatore dettaglia in modo da affrontare tutti i punti utili a indagare quel determinato argomento. Le domande vengono strutturate in modo da trattare prima gli aspetti più generali per poi entrare nel merito delle questioni più specifiche, per aiutare il partecipante a ragionare e dare fluidità alla conversazione.
Durante l’intervista il ricercatore fa riferimento al documento di guida alla discussione per assicurarsi di non dimenticare nessun punto: anche se la conversazione può prendere varie direzioni e non seguire l’ordine logico ipotizzato, l’importante è coprire tutti i temi, in modo da avere una base dati completa e comparabile al termine di tutte le interviste. Oltre ai due ricercatori, altre persone possono partecipare come auditori ma è bene che non siano troppe, per non mettere in soggezione il partecipante. Indicativamente, per le interviste utenti, il gruppo di ricerca non deve mai essere più numeroso di tre persone, mentre per le interviste stakeholder si può arrivare fino a un totale di 5.
La guida alla conduzione può essere accompagnata da materiali visivi, che possono essere un utile stimolo per trattare alcuni punti della discussione, rendendo la conversazione più interattiva e in alcuni casi più immediata. Questi materiali possono essere ad esempio delle card stampate, o delle slide, che illustrano le diverse fasi di un processo o le diverse funzionalità di un servizio e fungono da supporto per ottenere risposte più strutturate, ad esempio aiutando a prioritizzare obiettivi o necessità, ad analizzare un modello di servizio con gli stakeholder o a ripercorrere lo user journey con il partecipante.
Il coinvolgimento degli utenti richiede sempre estrema attenzione nel modo in cui si gestiscono i dati personali. Per ogni attività di ricerca è necessario predisporre le liberatorie per il consenso al trattamento dei dati che vengono sottoposte all’attenzione di ciascun partecipante al termine dell’intervista, dando la possibilità di scegliere se acconsentire alla conservazione del materiale audio-video e/o fotografico raccolto durante la sessione oppure no. In caso di consenso del partecipante, il materiale potrà essere condiviso con il team di lavoro e utilizzato per costruire dei report dell’attività. In caso contrario il materiale relativo a quel partecipante dovrà essere cancellato, e verranno prese in considerazione per l’analisi solo le informazioni raccolte verbalmente.
Condurre le interviste
Le sessioni di intervista sono da gestire con estrema cautela per assicurarsi di raccogliere tutte le informazioni necessarie, creando una situazione che metta a proprio agio il partecipante, documentando attentamente tutte le osservazioni emerse e tenendo traccia degli aspetti toccati e di quelli mancanti. Ecco alcuni aspetti da considerare per condurre al meglio un’intervista:
definire ruoli chiari all’interno del gruppo di ricerca per ciascuna sessione, il ruolo di conduttore e di chi prende nota possono essere scambiati, l’importante è seguire lo stesso protocollo;
chiarire al partecipante lo scopo e il tema dell’intervista, esplicitando chi sarà a condurre e chi invece prenderà nota. Il numero di ricercatori ideale per ogni sessione di intervista è due, di cui una persona intenta a moderare l’intervista e una persona dedita alla raccolta di note e alla documentazione fotografica. In caso di tre persone questi ultimi due compiti possono essere suddivisi, distinguendo il ruolo del trascrittore di note da quello del fotografo;
nel guidare la conversazione bisogna ricordarsi di limitare potenziali bias, ovvero le distorsioni del pensiero dovute alla propria esperienza personale e quindi soggettiva, in modo da non influenzare le risposte del partecipante;
è necessario ascoltare in modo aperto, mettendo da parte le proprie idee, pregiudizi e supposizioni; sfruttare la propria espressione facciale e postura durante il dialogo in modo da mostrare interesse, modulare il tono della voce e la cadenza delle frasi per creare partecipazione;
è sostanziale stabilire una relazione empatica con il partecipante, adattando le domande e il protocollo dell’intervista alla tipologia di risposte ricevute;
durante l’intervista, chiedere perché più e più volte è indispensabile per approfondire ciascuna risposta e raggiungere quel livello di profondità che si desidera raggiungere con l’intervista individuale.
Rielaborare le informazioni raccolte
Al termine di ciascuna intervista, i ricercatori condividono le loro impressioni, discutono tra di loro i risultati emersi, annotando le evidenze più rilevanti, ad esempio le cose che li hanno sorpresi o che non sapevano, le criticità ed eventuali spunti per la progettazione. Questo primo momento, definito debriefing, è fondamentale per elaborare e riorganizzare le informazioni raccolte e iniziare a definire alcuni temi da approfondire in un secondo momento di analisi più strutturata. È utile inoltre a capire cosa ha funzionato e cosa no, ed eventualmente adattare il protocollo.
Al termine delle ricerca si analizzano le note raccolte, individuando le caratteristiche comuni a gruppi di utenti, mettendo in correlazione i diversi contesti e profili con i paradigmi di comportamento riscontrati. Parallelamente, si andranno a delineare delle tematiche trasversali, basate sulle evidenze maggiormente ricorrenti tra gli intervistati, considerando però anche eventuali specificità rilevanti per il progetto. In questa fase si utilizzano tecniche di analisi qualitativa dei dati, come il raggruppamento per affinità, clustering, e la costruzione di relazioni tematiche tra i vari argomenti, con il supporto di post-it o strumenti collaborativi online. Questo processo prevede la rielaborazione e messa in relazione delle evidenze raccolte in modo da dedurre le motivazioni e le dinamiche sottostanti l’erogazione e fruizione di un servizio digitale, ma soprattutto per formulare conclusioni rilevanti rispetto all’obiettivo della ricerca e al brief di progetto.
Oltre che mediante un report che documenta nel dettaglio quanto riscontrato, spesso i risultati delle interviste vengono espressi efficacemente tramite alcuni strumenti di mappatura dell’esperienza dell’utente, anche utilizzati nella fase di progettazione di un servizio digitale, come i personas e gli user journey, di cui sono disponibili degli esempi all’interno del kit Esperienza utente.